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Quando si assiste a catastrofi di tale portata, si ha l'impressione che la natura voglia ribellarsi agli uomini e dimostrare ad ognuno di noi quelli che sono i nostri limiti.
E'in momenti come questi che ci si rende conto che ci sono eventi che sfuggono al controllo umano e di fronte ai quali ognuno di noi dovrebbe alzare gli occhi al Cielo.
La domanda che sorge spontanea è, perchè? Perchè tanta sofferenza?
Credo che dare una risposta sia difficile o forse impossibile.
Però quanto accaduto ci fa capire tante cose. Infatti, la consapevolezza dei nostri limiti, fa sradicare ogni superbia e orgoglio per lasciare il posto a sentimenti di solidarietà e fratellanza di cui si ha sempre bisogno ma che, solo in circostanze così drammatiche sembra che ce ne ricordiamo.
E' in momenti come questi che le persone riescono a dare il meglio di sè perchè ci si rende conto che la vita ha un valore immenso e non vale la pena di renderla più faticosa dando troppo peso a cose di poco conto.
Mi è piaciuta e vorrei proporvi questa riflessione di Davide Rondoni che ho trovato su "Avvenire".
“Da dove riprendere fiato, umanità, dignità davanti a tale strage? Non c’è altra possibilità: davanti a questo genere di cose, o si prega o si maledice Dio.
O si è credenti o si diventa contro Dio. Una delle due. E se il cristiano dice di esser quello che prega, invece di esser l’uomo che maledice, non lo fa per sentimentalismo. Non lo fa per comodità. Anzi, è più scomodo. Molto più scomodo. Ma più vero.
Perché quando il mistero della vita sovrasta – nella sventura come nelle grandi gioie – è più vero aprire le palme vuote, o piene di calcinacci o di sangue dei fratelli e dire: tienili nelle tue braccia. Tienili nel Tuo cuore. Perché noi non riusciamo a conservare nemmeno ciò che amiamo.
Perché la vita è più grande di noi, ci eccede da ogni parte, e la morte è un momento di eccedenza della vita. Un momento in cui la vita tocca fisicamente il suo mistero. La natura non è Dio. In natura esistono anche i disastri. Come gli spettacoli e gli incanti. Ma la natura non è Dio.
Non preghiamo la natura, che ha pregi e difetti, come ogni creatura. Preghiamo Dio creatore di abbracciare il destino delle vittime. Il destino triste di questi fratelli. Che valgono per Lui come il più ricco re morto anziano e sereno nel proprio letto. Che ci ricordano, nel loro dolore, che non siamo padroni del destino”.
(Avvenire, 14 gennaio 2010) |