Pur essendo il momento più importante per il mondo cristiano, la Pasqua cattura sempre meno la nostra attenzione. Non ci appare gioiosa e universale come il Natale. Anzi, si parla di morte, di sofferenza, di chiodi e flagellazioni. E nonostante che il tutto culmini nella vittoria della risurrezione di Gesù, non la viviamo con lo stesso coinvolgimento.
Perché Gesù muore in croce? Egli risponde che è venuto per ubbidire a Dio
“…sia fatta la tua, non la mia volontà…” (Luca, 22, 42) La missione di Gesù è quella di servire e dare la propria vita in riscatto per molti, l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. L’obbediente fino alla morte, come lo chiama San Paolo.
“Offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, offre la propria vita al Padre suo nello Spirito Santo per riparare la nostra disobbedienza. […] Gesù ha riparato per i nostri errori e dato soddisfazione al Padre per i nostri peccati.”
“
La mia giustizia – dice Dio a Santa Maria Maddalena de’ Pazzi –
si è cambiata in clemenza con la vendetta presa sopra le carni innocenti di Gesù Cristo. Il sangue di questo mio Figlio non chiede da me vendetta, come il sangue di Abele, ma chiede solo misericordia e pietà: ed a questa voce non può la mia giustizia non restare placata.” Gesù ci regala la salvezza tramite il suo immenso sacrificio, una testimonianza d’amore sconfinato e divino. Ma non possiamo accontentarci di questa semplice constatazione. Quando veniamo invitati a meditare la morte e resurrezione di Gesù, non possiamo limitarci ad un breve momento di commozione, per poi tornare alle nostre faccende e scrollarci di dosso il pensiero.
Cosa possiamo dire quindi, ancora oggi, in una realtà che è indifferente se non ostile, sulla Passione? Gesù ci dà un’indicazione molto semplice: fare la volontà del Padre, come è scritta nel Vangelo.
Il dolore fisico, l’umiliazione, la morte, tutto ciò che Gesù ha subito è stato da Lui liberamente accettato per fare la volontà di Dio.
Ecco che cosa ci dice la passione:
non esiste altra via se non quella di Dio. Per scoprirla dobbiamo metterci in cammino, seguendo i Comandamenti, meditando il Vangelo e pregando.
A cosa ci conduce questo cammino? All’amore di Dio, unica vera fonte di felicità. Già sulla terra.
“Vado a prepararvi un posto”, dice Gesù. A questo dobbiamo anelare, e cercarlo con tutti i mezzi.
Troviamo sempre più spesso persone che ritengono che la felicità non esiste, soltanto perché non la trovano, non sanno dove cercarla.
Nella Passione Gesù ci dice che invece essa è parte del nostro cammino, ci accompagna se noi accettiamo di seguirlo. E questa deve essere una scelta radicale. Possiamo – certo – meditare la sofferenza di Gesù. Possiamo prendere atto e commuoverci dei suoi patimenti. Ma nulla di tutto questo acquisisce senso se non si insinua in noi la volontà di un cambiamento, di abbandonare la mediocrità materiale e di iniziare un cammino spirituale, così come ci viene indicato.
Questo cammino non è mai scorrevole. È facile incontrare delle difficoltà, degli imprevisti che in un modo o nell’altro tendono a fermarci. Ma se teniamo fissa in noi l’immagine di Gesù,
dell’obbediente fino alla morte, troveremo la forza di superare ogni ostacolo, e di raggiungere quel posto che Lui ci ha preparato.
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Vedi anche: Nella Passione la mia umanità