BluePrint, ecco come Genova si riprende il mare secondo Renzo Piano
1 aprile 2015
In anteprima i dettagli del progetto che rivoluziona la città e le banchine. Il costo dell’operazione è di 161 milioni di euro. In dieci punti, la trasformazione dell’area che va dalla Fiera al Porto Antico
Il decalogo che rivoluziona il porto e fa ritrovare a Genova il suo affaccio sul mare è pronto. Renzo Piano, come promesso, l’ha consegnato agli enti che in estate gli avevano chiesto di tornare a occuparsi di porto, a sei anni di distanza dall’Affresco. Piano ha accettato a un’unica condizione, muoversi nella sintonia delle istituzioni, esattamente quella che era mancata nel 2008 quando l’Affresco aveva cominciato a camminare, senza mai arrivare a destinazione. Ora però le cose sono diverse non soltanto sul versante degli enti, ma ancor più su quello dei contenuti del progetto.
A settembre dello scorso anno l’Architetto ha presentato il suo “Blue Print”, un disegno di grande suggestione, ma tutto ancora da riempire nei suoi spazi operativi. E incassato il via libera a continuare, non ha smesso di dedicarsi al suo porto, meglio alla sua città portuale, dando concretezza a quel disegno. Il risultato è oggi sul tavolo delle istituzioni: un progetto dettagliato che dai costi alle infrastrutture cambia contorni e contenuti di quell’area portuale che dalla Calata Gadda arriva fino a Punta Vagno. Di fatto è una prosecuzione naturale, verso levante, di quel Porto Antico che nel ‘92 aiutò Genova a svoltare e a ritrovare la sua vocazione turistica. Il Blue Print, se possibile, fa ancora di più, perché questa volta il genio di Piano è entrato fin dentro il porto- fabbrica, dandogli nuovo vigore. All’epoca delle Colombiane, un porto in forte ripiegamento cedeva aree alla città e con una straordinaria riconversione faceva nascere da spazi ormai abbandonati dal punto di vista operativo nuove occasioni di ricchezza e lavoro.
A più di vent’anni di distanza, si tratta adesso di completare quel lavoro, dedicandosi all’area di Levante che, subito dopo i Magazzini del Cotone, vale a dire da Calata Gadda, arriva fino alla foce del Bisagno e va oltre, al limite estremo delle aree demaniali dell’authority, a Punta Vagno. La suggestione che dà lo scorrere delle proposte di Piano si mischia così all’operatività di un progetto che lascia ancora aperte alcune opzioni. Nulla di ingessato, d’altra parte, come aveva spiegato lo stesso Piano nella presentazione di Palazzo San Giorgio. C’è ancora tempo per discutere e confrontarsi, anche perché il Blue Print non è un blocco monolitico, ma si compone di tante parti che possono essere affrontate e risolte anche singolarmente.
Piano riassume in una sorta di decalogo le linee guida del suo “masterplan”. Dieci punti, dalla Torre dei Piloti allo Yacht Club, dal canale ai nuovi spazi per l’industria e la città fino alla passeggiata dentro al porto. Per ognuna, c’è un’ipotesi progettuale, una soluzione innovativa per ripartire. Si riflette, ad esempio, sul nodo-chiave di calata Gadda, dove al posto delle lavanderie industriali dovrebbe arrivare l’Istituto Idrografico della Marina. Qui il Comune ha rilanciato l’idea di far uscire il tunnel sottomarino. Ma Piano, in alternativa, rilancia anche l’idea di una “secante” che a valle delle banchine attraversi la città a Levante. Analogo il ragionamento sul lato estremo, quello della Foce del Bisagno, attorno al quale ruota il futuro assetto della Fiera. Piano arriva a ipotizzare ancora un Palasport trasformato in Darsena Nautica coperta (la più grande al mondo), ma resta aperto al confronto. Il fulcro dell’operazione è però rappresentato dalla divisione netta a levante fra industria e nautica. Anche in questo caso, in fase di detta- glio del progetto, Piano allarga ulteriormente il canale che corre dalla Gadda alla Fiera di fronte allo Yacht Club. Qui sta il nodo della questione, con i circoli nautici e lo Yacht Club che restano nettamente contrari allo specchio acqueo su cui oggi si trovano le barche. Il Blue Print, infatti, ipotizza il tombamento del porticciolo, dando vita a una piattaforma che diventa base operativa per l’attività industriale dello scalo, un “unicum” che dai bacini di carenaggio ampliati arriva fino alla piattaforma, una sorta di isola del porto-fabbrica. La nautica avrà un’altra collocazione, lungo in canale urbano, ma soprattutto all’interno della darsena nautica della Fiera. La palazzina sede dello Yacht Club resterà al suo posto e potrà diventare un museo della nautica. La nuova sede, invece, è prevista all’interno della darsena.
Ma Piano allarga ulteriormente i confini del suo progetto e si spinge oltre la foce del Bisagno, intervenendo sull’affaccio a mare di piazzale Kennedy, oggi praticamente abbandonato, e destinato a ospitare un giardino urbano e una spiaggia interamente fruibile. E ancora gli alberi, più di mille, rappresenteranno il simbolo verde della passeggiata urbana che unirà la Fiera con il Porto Antico, una pista pedonale e ciclabile a fianco del canale urbano, per ridare a Genova il suo mare. Per farlo, ovviamente, sarà necessario demolire. Giù il “C” della Fiera, ma anche l’ex palazzo Nira. E con i detriti si riempirà il Duca degli Abruzzi. E poi spazi (contenuti) per commerciale, residenziale e terziario, con volumi ridotti rispetto a quelli attuali. Il costo delle opere civili è di 161 milioni di euro. Una cifra tutto sommato contenuta per la portata del progetto e comunque profondamente distante da quella dell’Affresco. Ma allora i tempi erano diversi, la crisi doveva ancora arrivare, e la progettazione prevedeva addirittura di trasformare la pista aeroportuale in banchina per avere il “porto in linea”. Quell’intuizione, così a lungo e criticata, oggi si realizza con lo spostamento della diga verso il mare.
Ora però tocca al confronto fra istituzioni. Gi aspetti da definire sono tanti, a cominciare ad esempio dal passaggio della Nira all’authority. Palazzo San Giorgio è pronto a comprare e attende che il Comune fornisca una valutazione. Poi dovrà bonificare il palazzo demolirlo e fare spazio a una sorta di grande vasca, una nuova darsena per la nautica da diporto.
Il primo progetto a partire sarà la nuova Torre dei Piloti che sostituirà quella abbattuta il 7 maggio del 2013 dal traghetto Jolly Nero. Una tragedia da non dimenticare a cui Piano ha deciso di rispondere con un progetto innovativo che verrà realizzato nell’eliporto della darsena nautica, in Fiera. Sarà questo l’unico progetto firmato dallo studio Piano, gratuitamente, e che è atteso per le prossime settimane. Tutto il resto andrà in gara perché sono previsti concorsi di idee per i singoli progetti.
Il comitato portuale, dopo la presentazione da parte del presidente dell’authority, ha già approvato integralmente il lavoro di Piano. Ora però, al di là delle valutazioni positive sul metodo di lavoro, è necessario entrare nel merito delle proposte. E’ necessario farlo nel più breve tempo possibile, per dare al porto e alla città quelle risposte che attendono ormai da troppo tempo.
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